Rischio cerebrovascolare acuto associato ad epilessia

Dario Bottignole, Alice Ballabeni, Giulia Balella, Elisa Mannini, Carlotta Mutti, Lucia Zinno, Alessandro Pezzini

Riassunto. Tradizionalmente considerate patologie antipodiche, epilessia e ictus si stanno rivelando come entità fisiopatologicamente più vicine del previsto. Infatti, il crescente corpo di letteratura suggerisce che l’epilessia non possa essere soltanto una conseguenza di eventi cerebrovascolari acuti, bensì rappresenti essa stessa un fattore di rischio indipendente per le patologie cerebrovascolari acute. A ciò si aggiunge l’ipotesi, tuttora oggetto di discussione, che alcuni farmaci antiepilettici possano incrementare ulteriormente tale rischio attraverso meccanismi metabolici e vascolari. Sebbene fin dagli anni ’90 alcuni studi epidemiologici evidenziassero un’elevata prevalenza di fattori di rischio cardiovascolare maggiori non ottimamente controllati nei pazienti con epilessia, solo nell’ultima decade sono stati pubblicati i primi studi di popolazione volti esplicitamente a valutare il ruolo dell’epilessia quale fattore di rischio indipendente. Globalmente, i dati raccolti mostrano un’incidenza maggiore di eventi cerebrovascolari nei pazienti affetti da epilessia rispetto ai controlli sani, conservata anche dopo aggiustamento per comorbilità cardiovascolari. Inoltre, il rischio derivato è risultato particolarmente elevato tra i pazienti con diagnosi di epilessia in età giovane-adulta (specialmente tra i 20 e i 45 anni), in contrasto con la consueta distribuzione epidemiologica dell’ictus ischemico (tipicamente centrata su età più avanzate). Da notare tale aumento di rischio cerebrovascolare acuto è stato identificato anche in assenza di comorbidità vascolari. In parallelo, studi più recenti includenti anche la semplice presenza di crisi epilettiche isolate antecedenti un ictus hanno mostrato un incremento significativo del rischio cerebrovascolare acuto associato all’evento elettroclinico, particolarmente entro un anno da quest’ultimo. Nel complesso, le evidenze ottenute sino ad ora mostrano una significativa associazione fra epilessia e incremento del rischio vascolare indipendente da altri fattori di rischio, e viene avanzata l’ipotesi che una componente neurovascolare subclinica possa precedere o contribuire alla genesi dell’epilessia in alcuni pazienti. Il riscontro di un maggior carico di lesioni vascolari e alterazioni perfusionali negli studi di neuro-imaging coinvolgenti i pazienti affetti da epilessia ad esordio tardivo, sembra supportare almeno in parte tale ipotesi. Le principali ipotesi fisiopatologiche proposte a spiegazione dell’associazione osservata fanno capo principalmente ad un accumulo di stress ossidativo locale conseguente all’alterazione metabolica cellulare successiva ad una crisi epilettica, il favorire i processi di aterosclerosi intracranica e la genesi di disfunzioni microvascolari locali facenti capo ad un’alterata reattività cerebrovascolare. La fisiopatologia di condizioni cliniche come la sindrome MELAS (encefalopatia mitocondriale con acidosi lattica psicologied episodi ictus-like) testimonia come l’interconnessione tra disfunzioni metaboliche cellulari e alterazioni vascolari possa di fatto condurre a crisi epilettiche, rafforzando ulteriormente l’idea di un’interazione bidirezionale fra sistemi vascolari e neuronali. Riguardo l’ipotesi di un possibile ruolo dei farmaci antiepilettici nella definizione del rischio cerebrovascolare individuale, la letteratura mostra una significativa eterogeneità. Ciò non di meno, alcune tendenze appaiono ricorrenti: farmaci antiepilettici inducenti i citocromi epatici (es. carbamazepina, fenitoina, fenobarbital) aumentano lipoproteine a bassa densità e omocisteina, noti fattori pro-aterogeni, mentre farmaci non alteranti l’espressione degli enzimi epatici (es. acido valproico) possono favorire l’insorgenza di una sindrome metabolica, con incremento ponderale e insulino-resistenza. Degno di nota, sul valproato emerge anche un dato opposto inerente ad un ruolo potenzialmente protettivo legato all’inibizione dell’enzima HDAC9, sovraespresso nelle placche ateromasiche. Il quadro complessivo resta controverso e di difficile risoluzione, richiedendo ulteriori studi più approfonditi. Tuttavia, le evidenze fino ad ora disponibili sono gravate da significative limitazioni metodologiche (es. netta preponderanza di studi retrospettivi basati su dati amministrativi, mancanza di dati di neuroimmagini al momento della diagnosi di epilessia nella maggioranza dei casi, scarsa caratterizzazione dell’epilessia, scarsa attenzione alle interazioni farmacologiche con altri modulatori dei citocromi, eccessiva eterogeneità delle popolazioni di studio, etc.), che compromettono la validità dei dati raccolti. Per tale ragione, gli studi futuri dovranno modificare significativamente i paradigmi metodologici di ricerca seguiti fino ad ora, al fine di ottenere dati di maggior validità e solidità.