Atassia di Friedreich: aspetti diagnostici, clinici e assistenziali

CATERINA MARIOTTI1, FRANCESCO SACCÀ2, FILIPPO MARIA SANTORELLI3, GESSICA VASCO4, ANTONIO CITTADINI5

1SS Genetica medica, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano; 2Dipartimento di Neuroscienze e scienze riproduttive ed odontostomatologiche, Università degli Studi di Napoli “Federico II”; 3UO Medicina molecolare, IRCCS Fondazione Stella Maris, Pisa; 4UO Neuroriabilitazione pediatrica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma; 5Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Pervenuto il 25 febbraio 2025. Accettato il 28 febbraio 2025.

Riassunto. L’atassia di Friedreich (AF) è una delle forme più comuni di atassia ereditaria autosomica recessiva, causata nella maggior parte dei casi dall’espansione della tripletta GAA nel primo introne del gene FXN che codifica per la proteina fratassina. La presenza dell’alterazione genetica è responsabile della carenza di questa proteina, essenziale per la corretta funzionalità mitocondriale. La malattia, caratterizzata da manifestazioni multisistemiche debilitanti, tra cui atassia progressiva, cardiomiopatia ipertrofica e diabete, rappresenta una sfida significativa per la diagnosi e la gestione clinica. La rassegna esplora i meccanismi patogenetici, il fenotipo clinico e le attuali possibilità diagnostiche e strategie di trattamento, sottolineando l’importanza di approcci multidisciplinari per migliorare la gestione e la qualità di vita dei pazienti. Inoltre, si discutono le metriche di valutazione attuali e il ruolo dei caregiver, evidenziando la necessità di ulteriori studi e iniziative di sensibilizzazione per affrontare le numerose sfide cliniche e sociali associate a questa patologia rara.

Parole chiave. Atassia di Friedreich, diagnosi genetica, fratassina, malattie rare, multidisciplinarietà.

Friedreich’s ataxia: diagnostic, clinical, and care aspects.

Summary: Friedreich’s ataxia (FA) is one of the most common forms of autosomal recessive hereditary ataxia, caused by the pathological GAA expansion in the FXN gene, leading to frataxin deficiency. FA is characterized by debilitating multisystemic manifestations, including progressive ataxia, hypertrophic cardiomyopathy, and diabetes, and it poses significant challenges in diagnosis and clinical management. This review explores clinical phenotypes, current diagnostic tools, treatment strategies, and the pathophysiological mechanisms, emphasizing the importance of multidisciplinary approaches to improving patients’ quality of life. Additionally, it discusses the limitations of existing assessment metrics and the role of caregivers, highlighting the need for further research and awareness initiatives to address the numerous clinical and social challenges associated with this rare disease.

Key words. Frataxin, Friedreich’s ataxia, genetic diagnosis, multidisciplinarity, rare diseases.

Introduzione

L’atassia di Friedreich (AF) è una malattia autosomica recessiva causata da una mutazione del gene FXN codificante la proteina fratassina. Questa forma rappresenta il 50% di tutte le atassie ereditarie, con una prevalenza stimata di circa 1 individuo di discendenza caucasica affetto ogni 29.000-50.0001,2. Questa malattia rara prende il nome da Nicolaus Friedreich, patologo e neurologo di Heidelberg (Germania) che per primo la descrisse nella seconda metà del XIX secolo. È una condizione multisistemica gravemente debilitante, caratterizzata da segni sia neurologici che non neurologici ed è associata a un impatto significativo sulla qualità di vita di chi ne è affetto2. In Italia la prevalenza stimata di diagnosi clinica di AF, basata su 7 studi, varia da 0,99 a 2,1/100.0003. Lo studio più recente è stato condotto da Romano e colleghi sulla popolazione laziale, e ha dimostrato una prevalenza grezza totale rispettivamente di 1,07 ogni 100.000 abitanti (intervallo di confidenza [IC] 95% 0,81-1,37), con una differenza nei maschi e nelle femmine pari a 0,81×10-5 (IC 95% 0,54-1,22) e 1,32×10-5 (IC 95% 0,97-1,79)4. A causa della sua rarità, l’AF rappresenta ancora oggi una condizione negletta: la patologia è spesso diagnosticata con anni di ritardo rispetto alla comparsa dei primi sintomi e il ritardo diagnostico impatta sulla presa in carico multidisciplinare. Anche per cercare di ovviare a questa situazione negli ultimi dieci anni sono stati prodotti, con i limiti relativi al contesto delle malattie rare (scarsità di evidenze disponibili, bassa qualità degli studi, incoerenza nelle metriche utilizzate per la valutazione degli esiti), dei documenti che hanno tentato di fornire raccomandazioni evidence-based per la gestione clinica di questi pazienti. In particolare, 39 esperti internazionali hanno redatto nel 2014 le prime linee guida sull’AF, con 142 raccomandazioni prodotte secondo i criteri sviluppati dal National health and medical research council australiano5. Nel 2022, tale documento è stato aggiornato e ampliato, utilizzando un adattamento del sistema GRADE (Grading of recommendations assessment and evaluation) per le malattie rare6,7. La gestione clinica e assistenziale dei pazienti affetti da AF è tuttavia ancora caratterizzata da sfide irrisolte. È quindi fondamentale mettere in atto progetti di disease awareness finalizzati a favorire una maggiore consapevolezza di questa patologia nella comunità medico-scientifica.

Meccanismo fisiopatologico

L’atassia (dal greco ἀταξία) è un segno neurologico che indica mancanza di coordinazione nel movimento di diversi muscoli del corpo. Se nella maggior parte dei casi tale manifestazione clinica è legata a disfunzioni a livello del cervelletto e delle sue connessioni neurologiche, in altri casi può essere la conseguenza di altre disfunzioni a livello, ad esempio, delle vie sensitive propriocettive o del vestibolo e dei suoi nuclei. Le cause che possono portare a queste disfunzioni possono essere diverse. Si parla di atassie acquisite quando questi disturbi compaiono come conseguenza di un’altra entità patologica come la sclerosi multipla, un tumore cerebrale o una carenza alimentare, mentre si parla di atassie ereditarie quando l’anomalia alla base della disfunzione è di tipo genetico. Queste ultime costituiscono un gruppo molto numeroso ed eterogeneo di patologie, le quali vengono classificate in base al tipo di trasmissione ereditaria: per via autosomico dominante, in cui è sufficiente un solo genitore portatore della mutazione per trasmettere la patologia alla progenie, o autosomico recessiva, in cui la trasmissione della mutazione alla progenie avviene soltanto se entrambi i genitori sono portatori sani della stessa8. L’AF è la più frequente tra le forme di atassia autosomica recessiva, caratterizzata da un rischio di trasmissione alla progenie pari a circa il 25%. Nel 1996 un gruppo di studio internazionale guidato dall’italiano Massimo Pandolfo ha dimostrato che la patologia è causata generalmente da un’unica mutazione: l’espansione di una tripletta GAA ripetuta nel primo introne del gene FXN che codifica per la proteina fratassina9. Nello specifico, mentre negli individui sani le ripetizioni GAA nei cromosomi sono costituite da un massimo di circa 30 triplette, negli individui con AF la lunghezza della ripetizione GAA espansa in FXN varia da 44 a 1700 triplette (comunemente tra le 600 e le 1200)10-12 (Figura 1).




I portatori eterozigoti della mutazione sono clinicamente sani mentre quelli omozigoti sviluppano la malattia13. La distribuzione di tali anomalie genetiche a livello globale determina quindi i pattern di prevalenza dell’AF, estremamente rara in Africa sub-sahariana e Asia orientale e presente invece in Europa, Medio Oriente, Africa settentrionale e India2.

La mutazione a livello del gene FXN causa una riduzione sostanziale dell’espressione della fratassina, la cui carenza può determinare una serie di disturbi metabolici, che includono stress ossidativo, deficit di cluster ferro-zolfo e difetti nella sintesi dell’eme, nel metabolismo degli aminoacidi solforati e dell’energia, nella risposta allo stress e nella funzione mitocondriale14. I livelli residui di fratassina variano a seconda della lunghezza dell’espansione e del tipo di cellula, andando a impattare sulla gravità del fenotipo. La quantità di fratassina prodotta appare inversamente correlata alla lunghezza dell’espansione della ripetizione di GAA dell’allele più piccolo (denominato GAA1): maggiore è il numero di ripetizioni, minore è il livello di fratassina prodotta15. È stata poi stabilita una correlazione tra la dimensione della ripetizione GAA e l’età di insorgenza, il tasso di progressione, la presenza di cardiomiopatia e diabete ed altre manifestazioni indicative di una degenerazione più diffusa come l’atrofia ottica e la perdita dell’udito16,17. Le differenze nell’espansione GAA, tuttavia, rappresentano solo circa il 50% della variabilità nell’età di insorgenza, indicando che anche altri fattori influenzano il fenotipo13. Inoltre, sebbene l’espansione patologica delle triplette GAA su entrambi gli alleli sia presente in circa il 96-98% dei casi, esiste una porzione minoritaria di pazienti (2-4%) che sono eterozigoti composti per un’espansione patologica delle triplette GAA e una mutazione puntiforme (missenso, nonsenso o nel sito di splicing) o, più raramente, una delezione multi-esone che coinvolge una grande porzione del gene9. Gli individui affetti da queste mutazioni hanno in genere un fenotipo clinico sovrapponibile a quello tipico, sebbene alcuni fenotipi atipici siano stati collegati a specifiche mutazioni puntiformi di FXN13.

Nella patogenesi dell’AF ha un ruolo fondamentale la via di Nrf2 (il fattore di trascrizione nucleare eritroide-2). La compromissione del pathway antiossidante di Nrf2, che si osserva in presenza di deficit di fratassina, rende infatti le cellule particolarmente sensibili all’insulto ossidativo, con morte cellulare per ferroptosi. Nrf2 è un fattore di trascrizione che mantiene l’omeostasi redox, controbilancia la produzione di specie reattive dell’ossigeno e influenza molti aspetti del metabolismo intermedio e della funzione mitocondriale18,19. È normalmente presente nel citosol, legato alla proteina Keap1 che lo mantiene inattivo; in condizioni di stress ossidativo, si dissocia da Keap1 e trasloca nel nucleo, dove induce l’espressione di molti geni antiossidanti legandosi alle sequenze ARE, gli elementi di risposta antiossidante. Attraverso questi eventi, Nrf2 aumenta la produzione di molecole, come NADPH e GSH, che agiscono come tamponi redox nei neuroni e in altre cellule neutralizzando le specie reattive dell’ossigeno. Nelle cellule con atassia la via di segnalazione Nrf2 è alterata: oltre a una minor espressione di Nrf2, in condizione di stress ossidativo, derivante dalla carenza di fratassina, Nrf2 non riuscendo a traslocare nel nucleo non è capace di attivare l’espressione di antiossidanti endogeni. L’interruzione della via di segnalazione di Nrf2 è stata proposta come meccanismo alla base dell’aumentata sensibilità all’ossidazione delle cellule con deficit di fratassina20-24. In effetti, è stato dimostrato in colture di diverse tipologie cellulari, comprese quelle di origine neuronale, che il silenziamento dell’espressione del gene della fratassina mediante interferenza con RNA sopprime l’espressione e l’attività di Nrf2. Questo effetto diretto suggerisce che, quando i livelli di fratassina sono insufficienti, la soppressione di Nrf2 sia un evento che si verifica precocemente24-26.

Caratteristiche cliniche

L’età tipica di insorgenza dell’AF è in genere intorno alla pubertà, tra la fine della prima e l’inizio della seconda decade di vita, anche se esistono varianti, meno frequenti, ad esordio tardivo, dopo i 25 anni di età, e molto tardivo, dopo i 40 anni di età2,13,27. Significativamente, alcuni sintomi non neurologici – come la scoliosi e il piede cavo – possono precedere i sintomi neurologici di diversi anni. Si stima che i sintomi neurologici siano la prima manifestazione della patologia nell’85% circa dei casi. Nei restanti, invece, il primo indizio della presenza di un’AF può essere di natura non neurologica, come la scoliosi o il riscontro di una cardiopatia ipertrofica28. Inoltre, i primi sintomi neurologici possono essere subdoli e spesso non vengono identificati da subito come patologici. I pazienti cominciano a manifestare un disturbo dell’equilibrio e della coordinazione, mostrando una generale goffaggine e una difficoltà a compiere movimenti più fini e articolati. Nello specifico, l’atassia del tronco provoca oscillazioni e l’andatura diventa a base allargata, con frequenti perdite di equilibrio, mentre l’atassia degli arti causa una crescente debolezza, prima a livello prossimale e poi generalizzata, e progressive difficoltà nelle attività che richiedono destrezza e precisione come scrivere, vestirsi e maneggiare utensili13. Sebbene all’inizio della malattia siano frequenti dei periodi di stabilità, l’andamento dell’atassia è in generale progressivo e incessante: in media a 10-15 anni dall’esordio i pazienti perdono la capacità di camminare, stare in piedi e infine sedersi senza supporto29. Inoltre, i pazienti manifestano spesso disabilità uditiva, perdita della vista, disfagia e disartria.

Trattandosi di una patologia multi-sistemica si riscontrano però anche manifestazioni a livello di altri organi.

Manifestazioni cardiache

Il coinvolgimento cardiaco si osserva nella maggior parte dei pazienti, spesso nella forma di una cardiopatia ipertrofica. Quasi tutte le persone con AF presentano un certo grado di anomalie cardiache all’elettrocardiogramma o all’ecocardiogramma. Tuttavia, la presenza di malattia cardiaca significativa è quasi sempre limitata ai pazienti con esordio della malattia prima dei 18 anni di età, che presentano anomalie genetiche più gravi30. Questa malattia può essere grave e contribuire in modo sostanziale alla disabilità e causare scompenso cardiaco e morte prematura, in particolare nei casi ad esordio precoce31. Si stima che le complicanze cardiache rappresentino la causa di decesso in circa il 60% delle persone con AF30,32.

Manifestazioni endocrine

Dato il ruolo essenziale della fratassina per la funzionalità mitocondriale, i pazienti con AF sono a rischio di sviluppare il diabete. Infatti, difetti mitocondriali a livello delle cellule β pancreatiche e dei tessuti bersaglio dell’insulina possono innescare lo sviluppo di questa condizione31. Si stima che il 10-30% dei pazienti con AF sviluppi diabete e il 30% presenti alterata tolleranza al glucosio33,34.

Manifestazioni muscolo-scheletriche

Nei pazienti con AF è molto elevata la prevalenza di deformità del piede e scoliosi. Ben oltre il 90% dei pazienti con AF precoce o tipica (determinata dall’età di esordio) sviluppa una scoliosi da moderata a grave, mentre nei pazienti con esordio tardivo (>14 anni) la prevalenza è assente o significativamente inferiore35,36. La diagnosi di scoliosi avviene durante l’esordio dell’atassia e, in rari casi, anche prima. La progressione più significativa si verifica durante la fase di crescita e la pubertà, rendendo necessario l’intervento chirurgico in oltre il 50% dei pazienti appartenenti al sottogruppo più grave36. Nello specifico, i pazienti con questa caratteristica possono presentare una curva ipercifotica grave e progressiva (>60°), che si manifesta in genere prima dei 10 anni di età, o una curva meno grave e non progressiva (>40°), che tende a presentarsi durante o dopo la pubertà2. Le deformità del piede sono comuni e sono presenti nel 55-90% dei casi. Possono verificarsi sia pes cavus sia talipes equinovarus, singolarmente o in associazione37,38. In generale, dopo l’esordio il decorso è lentamente progressivo, anche se influenzato sia dal tipo di mutazione causativa che dall’età di insorgenza. In linea generale l’aspettativa di vita è ridotta a una media tra 40 e 50 anni, anche se alcuni pazienti possono sopravvivere fino alla sesta, settima o addirittura ottava decade di vita2.

Diagnosi

La gestione clinica delle malattie rare rappresenta una sfida per la comunità medica, a partire dal riconoscimento dei sintomi e la formulazione di un sospetto diagnostico. Un rapporto del 2019 della Global rare disease commission ha mostrato che il tempo medio per la diagnosi nelle malattie orfane è stimato in circa 5 anni39. Non fa eccezione l’AF che, anche in seguito alla scoperta nel 1996 della mutazione genetica causativa e la disponibilità di un test genetico, continua a essere gravata da un ritardo diagnostico. Uno studio condotto su 611 pazienti ha messo in evidenza un tempo medio alla diagnosi di 3 anni – 4 anni prima del 1996, 2 anni dopo il 1996 – con delle differenze significative nel tempo medio alla diagnosi a seconda dell’età di insorgenza e della sintomatologia iniziale28. Considerando l’intera coorte (esordio tipico e atipico) il tempo alla diagnosi è risultato di 4,5 anni nei pazienti con esordio neurologico e di 6,7 anni nei pazienti con esordio non neurologico mentre considerando la coorte dei pazienti con esordio tipico il tempo alla diagnosi è risultato di 4,1 anni nei pazienti con esordio neurologico e di 6,5 anni nei pazienti con esordio non neurologico. Da qui l’importanza di conoscere e saper cogliere i sintomi e i segni indicativi della possibile presenza di un’AF, così da poter formulare un sospetto diagnostico in tempi rapidi. Schulz e colleghi riportano che, informazioni importanti possono giungere da un esame neurologico completo volto a valutare la deambulazione e la capacità di stare in piedi, la debolezza e l’atrofia muscolare, l’ipoacusia, i disturbi sfinterici, le difficoltà di deglutizione, i riflessi tendinei e i disturbi visivi2. La perdita dei riflessi tendinei negli arti inferiori è tipica, anche se in una porzione minoritaria di pazienti, in particolare quelli con esordio tardivo della malattia, nei quali i riflessi sono presenti e talvolta persino esagerati e si può anche osservare spasticità. Da un punto di vista oculomotorio è tipica la presenza di fissazione instabile con scosse a onda quadra e sono comuni movimenti di inseguimento lento anormali e saccadi dismetriche. Il nistagmo evocato dallo sguardo si verifica invece in un terzo dei casi, ma senza oftalmoparesi2. La perdita del senso di posizione e vibrazione, caratteristica invariabile dell’AF, potrebbe non essere evidente all’esordio della malattia, così come la percezione del tatto leggero, del dolore e della temperatura, inizialmente normale ma progressivamente ridotta con il progredire della malattia.

Il coinvolgimento piramidale causa risposte plantari in estensione (segno di Babinski) e debolezza progressiva che diventa grave solo nelle fasi avanzate della malattia. L’atassia e i disturbi dell’equilibrio sembrano essere i principali fattori che limitano la mobilità, poiché la forza muscolare è in genere relativamente ben conservata. Molti pazienti lamentano spasmi agli arti inferiori, che si verificano principalmente durante la notte e in modo particolare nelle fasi in cui la deambulazione diventa gravemente compromessa. Infatti, l’età media dall’esordio dei sintomi alla dipendenza dalla sedia a rotelle è di circa 15,5 anni (con un intervallo da 3 a 44 anni)37.

Infine, il frequente coinvolgimento dei nervi cranici, del cervelletto e del tronco encefalico richiede test regolari per evidenziare la presenza di compromissione dei movimenti oculari, difetti del campo visivo, deficit di acuità, perdita dell’udito, disartria e disfagia2,28,40,41.

Per ottenere la conferma diagnostica della AF è possibile ricorrere, da circa trent’anni, all’impiego di test genetici. La Triplet repeat primed - Polymerase chain reaction (TP-PCR) o le tecniche di Southern blotting vengono utilizzate per rilevare direttamente l’espansione GAA nel primo introne del gene FXN, caratteristica della AF9. In particolare, la diagnosi viene stabilita dal riscontro di ripetizioni GAA espanse (GAA>66) in entrambe le copie del gene FXN.

La TP-PCR è una metodica diffusa e relativamente rapida, ma non permette di differenziare se i livelli dell’espansione patologica del gene FXN occorrano su entrambi gli alleli o soltanto in eterozigosi42. Per differenziare tra soggetti eterozigoti, portatori della mutazione ma non affetti dalla patologia, e soggetti omozigoti, portatori della mutazione e affetti dalla patologia, è quindi necessario ricorrere ad altre metodiche. Generalmente si fa ricorso alla cosiddetta long range PCR, che permette un’amplificazione di tratti di DNA e la misurazione precisa del numero di triplette GAA43. In casi più rari per identificare una seconda mutazione in pazienti con un solo allele GAA espanso è necessario ricorrere ad altre metodiche, come il sequenziamento Sanger per la ricerca di mutazioni puntiformi e la metodica di MLPA (Multiplex ligation-dependent probe amplification) per la ricerca di delezioni o duplicazioni del gene FXN44. I pazienti con conferma molecolare devono essere sottoposti ad un follow-up completo che includa una valutazione neurologica periodica, un’elettronistagmografia, risonanza magnetica, un’elettrocardiografia, un’ecocardiografia e altre valutazioni cardiologiche, un esame oftalmologico ed esami ematologici selezionati, tra cui emocromo con formula leucocitaria e concentrazioni di emoglobina, glucosio ed elettroliti2. Per quanto riguarda i test neurofisiologici, a causa del coinvolgimento sia del sistema nervoso periferico che di quello centrale, i risultati sono comunemente definiti “anomali”. Gli studi di conduzione nervosa sensoriale producono costantemente neuropatia assonale sensoriale con potenziali d’azione del nervo sensoriale ridotti o assenti e anche le velocità di conduzione sensoriale possono essere parzialmente compromesse45,46. Le scansioni di risonanza magnetica sagittali e assiali mostrano invece un assottigliamento del midollo spinale cervicale e, in alcuni casi, anomalie del segnale nelle colonne posteriori e laterali47. L’atrofia cerebellare non è solitamente evidente con esami di tomografia computerizzata o risonanza magnetica, a esclusione di alcuni casi gravi e avanzati. Tuttavia, utilizzando tecniche di Voxel-based morphometry è stato dimostrato che l’analisi quantitativa dell’anisotropia frazionaria e della diffusività media sull’intero cervello può mostrare degenerazione dei tratti della sostanza bianca del tronco encefalico e cerebellare48. In generale, la risonanza magnetica cerebrale può essere utile in termini di diagnosi differenziale per dimostrare l’assenza di atrofia cerebellare, presente invece in altre forme di atassia ereditaria2. Quello della diagnosi differenziale è un tema rilevante nell’ambito dell’AF. Sono infatti diverse le patologie che possono causare un’atassia progressiva caratterizzata da esordio precoce e decorso cronico, come l’atassia con deficit di vitamina E, l’atassia con aprassia oculomotoria tipo 1, l’atassia con aprassia oculomotoria tipo 2 e l’atassia spastica autosomica recessiva di Charlevoix-Saguenay. In questi casi è possibile distinguere i pazienti affetti da AF attraverso l’impiego di test genetici avanzati come l’analisi di pannelli genici con metodiche NGS (next generation sequencing). Un’anamnesi clinica ed ulteriori esami possono poi essere necessari ai fini di una corretta diagnosi differenziale con patologie con caratteristiche parzialmente sovrapponibili. La risonanza magnetica può rilevare, ad esempio, tumori della fossa cranica posteriore e malformazioni, come platibasia e impressione basilare, lesioni infiammatorie da sclerosi multipla e malattie infiammatorie correlate, anomalie della sostanza bianca delle leucodistrofie. In generale, l’AF non può essere esclusa con certezza basandosi esclusivamente sulla valutazione clinica, anche in molti pazienti con fenotipo insolito, come un esordio tardivo o molto tardivo, riflessi trattenuti, spasticità prominente, nessuna disartria, atassia in gran parte confinata al tronco e/o movimenti involontari. Esistono tuttavia alcune red flags che rendono molto improbabile la presenza di un’AF, quali una precoce e prominente atrofia cerebellare, un ritardo mentale e potenziali d’azione del nervo sensoriale preservati (Figura 2)49.




Gestione clinica e assistenziale

Una volta effettuata una diagnosi di AF, le linee guida raccomandano che i pazienti vengano inseriti in un programma clinico con follow-up semestrale o annuale basato su una valutazione neurologica e altri approfondimenti6. Per monitorare la progressione della malattia sono disponibili diverse scale. L’International cooperative ataxia rating scale (ICARS) valuta quattro dimensioni - postura, funzioni cinetiche, linguaggio e disfunzione oculomotoria - con punteggi che aumentano all’aumentare della gravità della malattia. L’ICARS non è appropriato per la valutazione della progressione della AF nei pazienti con lunga durata della malattia50. La Friedreich ataxia rating scale (FARS) include sottoscale che valutano lo stadio della malattia, le attività della vita quotidiana, la coordinazione degli arti superiori e inferiori, la funzione del nervo bulbare e periferico, l’equilibrio, il controllo motorio orale e la velocità dell’andatura, risulta più sensibile ai cambiamenti nella progressione della malattia rispetto all’ICARS, richiedendo un tempo maggiore per l’esecuzione (30 minuti e 21 minuti, rispettivamente)51-53 (Tabella 1).




La Scale for assessment and rating of ataxia (­SARA), infine, si caratterizza per la facilità e rapidità di somministrazione (meno di 15 minuti)54. Queste scale sono però focalizzate principalmente sulla sintomatologia neurologica, mentre faticano a cogliere altri sintomi come le difficoltà di deglutizione o della minzione, che possono avere un impatto rilevante sulla qualità di vita. Per questo motivo si fa spesso ricorso ad altre scale in grado di restituire un’immagine più complessiva della progressione dell’AF, come la Activities of daily living part of the Friedreich ataxia rating scale (FARS-ADL), in grado di fornire una misura sia della gravità della malattia che delle compromissioni funzionali significative per il paziente55,56 (Tabella 2).




In considerazione del coinvolgimento multisistemico nell’AF, poi, la gestione clinica del paziente con AF prevede anche altri esami generali e specialistici che devono essere programmati in base alle condizioni cliniche e alla progressione della patologia, con particolare riferimento alla valutazione dello stato fisiologico dei sistemi muscoloscheletrico e cardiovascolare e del possibile esordio del diabete. La gestione della malattia richiede un’alta intensità di risorse, con approccio multidisciplinare e collaborativo: sono necessari diversi specialisti per adattare gli interventi alle varie manifestazioni patologiche nei diversi organi, che possono variare significativamente tra i pazienti. Se in linea generale il paziente con AF è preso in carico dal neurologo pediatrico e dal neurologo dell’adulto a seconda dell’età di esordio della malattia, il suo follow-up dev’essere necessariamente di tipo multidisciplinare e basato sul coinvolgimento attivo di una serie di specialisti. Il cardiologo pediatrico e il cardiologo rappresentano figure essenziali per un trattamento adeguato, sia sintomatico che preventivo, delle cardiopatie associate. L’ortopedico ha un ruolo centrale per la gestione dell’eventuale scoliosi, intervenendo nella discussione collegiale sull’implementazione di terapie conservative, come l’utilizzo di un corsetto ortopedico, o più invasive, come l’intervento di stabilizzazione della colonna. Altre figure, come l’endocrinologo, l’oculista e l’otorinolaringoiatra, sono poi coinvolte per il monitoraggio del diabete e delle possibili alterazioni sensoriali, come l’atrofia ottica e l’ipoacusia neurosensoriale. Un programma riabilitativo individuale deve prevedere anche il coinvolgimento di figure quali il fisioterapista e il logopedista, per trattare le difficoltà motorie e l’eventuale disartria e monitorare l’andamento dei problemi di deambulazione, il possibile esordio di disfagia e disturbi della deglutizione. Grande importanza ha, soprattutto in età evolutiva, il coinvolgimento di psicologi per eventuali interventi psicoterapici individuali e il supporto ai familiari e caregiver. È infatti descritta in letteratura la presenza di disturbi di tipo ansioso57. In ultimo, risulta di fondamentale importanza il coinvolgimento del terapista occupazionale, responsabile della gestione delle problematiche legate alla progressiva perdita di autonomia. Questo svolgerà quindi un ruolo centrale, ad esempio, nella scelta degli ausili utili alla deambulazione e nell’adattamento dei pazienti all’impatto che i sintomi hanno sulla loro vita quotidiana.

Gli aspetti legati al burden of illness e alla qualità di vita sono infatti elementi centrali nella gestione clinica e assistenziale dell’AF. Uno studio che ha valutato l’impatto dei sintomi, intervistando 153 individui affetti e 49 caregiver, ha individuato la compromissione della coordinazione, le limitazioni nella mobilità e nella deambulazione, l’incapacità di svolgere attività, la fatica e la debolezza degli arti inferiori come i temi sintomatici più prevalenti e più impattanti sulla vita quotidiana58. Un’altra analisi che ha analizzato il burden of illness della AF sui pazienti e sui loro amici e familiari è giunta a conclusioni simili, individuando però anche rilevanti sfide di tipo emotivo59. In particolare, la sensazione di non avere il controllo sulla propria vita è risultata molto prevalente, con oltre il 60% dei partecipanti che indicava questa problematica. Inoltre, un numero elevato di intervistati ha segnalato manifestazioni ad elevato impatto emotivo, come le difficoltà a portare a termine le attività di vita quotidiana, le frequenti accuse di ubriachezza e le difficoltà a ottenere una diagnosi. Anche se è stato uno dei problemi meno frequentemente menzionati, circa il 30% degli intervistati ha poi dichiarato di essersi sentito discriminato. L’ampiezza e la prevalenza di questi problemi mostrano che le persone con atassia devono affrontare un’ampia varietà di sfide, non tutte direttamente correlate a specifici sintomi medici. L’impatto dell’AF sulla vita quotidiana e sul benessere psicofisico non riguarda soltanto le persone che ne sono affette, ma anche i caregiver. Se in genere nelle prime fasi questo ruolo è svolto dai genitori, nelle fasi successive, con la progressiva compromissione funzionale e perdita di autonomia, può essere svolto anche da altri familiari (ad esempio un partner o un figlio) o figure professionali. Soprattutto nel caso di coinvolgimento di familiari, va attentamente valutato e monitorato l’impatto che l’attività di assistenza può avere sulla loro vita e sugli equilibri familiari. A tal fine è stato sviluppato il Friedreich ataxia caregiver-reported health index, il cui scopo è proprio quello di misurare il burden of illness attraverso l’analisi di 18 domini sintomatici60.

Conclusioni

L’AF rimane una patologia rara, ma altamente impattante, che richiede un approccio clinico integrato per la sua gestione ottimale. I progressi nella comprensione dei meccanismi molecolari e nella diagnosi genetica hanno migliorato significativamente la capacità di riconoscere e gestire questa malattia, ma molte sfide cliniche, terapeutiche e sociali persistono. È essenziale promuovere una maggiore consapevolezza tra i medici e il pubblico per ridurre i ritardi diagnostici e favorire un accesso equo alle cure. Ulteriori ricerche sono necessarie per sviluppare trattamenti efficaci che possano rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie. La collaborazione internazionale e le iniziative di advocacy sono cruciali per superare le barriere esistenti e garantire una migliore assistenza ai pazienti affetti da questa complessa malattia.




Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano per la collaborazione alla stesura dell’articolo Fabio Ambrosino.

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